Cosa succede se non pago le rate di un prestito?

Contrarre un prestito serve ad ottenere una somma in cambio di pagamenti dilazionati nel tempo. Tuttavia in certe situazioni diventa difficile restituire – anche se a rate – la somma all’istituto di credito.

In caso di difficoltà ci si domanda cosa accade se non si pagano le rate di un prestito: in questo articolo approfondiamo tutte le casistiche.

Cosa succede se non si pagano le rate di un prestito

Gli istituti di credito tentano con ogni via bonaria di recuperare le somme prestate attraverso continui solleciti di pagamento al debitore. Se quest’ultimo ignora gli avvisi e resta nella posizione di insolvenza, alla banca non resta che rivolgersi ad una società di recupero crediti affinché si faccia pressing sul debitore e si ottenga il pagamento il prima possibile.

Qualora la pressione non porti ai risultati sperati, per il debitore si apre un capitolo molto cavilloso (come giusto che sia): la società di recupero crediti adisce le autorità competenti (Tribunale) e fa richiesta di decreto ingiuntivo onde ottenere quanto dovuto. Dopo 40 giorni dalla notifica del D.I. al debitore, quest’ultimo avrà possibilità di presentare opposizione, in mancanza della quale il decreto diviene esecutivo e non può essere più impugnato. A definitività del decreto, il creditore dovrà notificare un atto di precetto al debitore, con l’intimazione a pagare quanto dovuto entro 10 giorni. Inutilmente trascorso tale termine, si procede al pignoramento dei beni.

Non si deve trascurare un dato importante: un finanziamento non pagato viene ereditato in caso di morte del debitore, diventando così a sua volta debito per gli eredi.

La sospensione delle rate di finanziamento

Molti debitori si domandano se sia o meno possibile sospendere le rate di un prestito. Ebbene è importante dire che una persona che firma un contratto di prestito o di finanziamento ha per legge facoltà di recedere entro 14 giorni dalla sua sottoscrizione. Essendo ciò legale, in caso di dietrofront non si paga alcuna penale. Dopo aver superato questo lasso di tempo il cliente che vuole recidere dal contratto deve versare la somma residua inclusa degli interessi (nonché delle spese sostenute dall’istituto, quali cioè imposte di bollo ed imposte sostitutive).

Ad ogni modo, le attuali norme attive in Italia in materia di prestito e di finanziamento, consentono al debitore di potersi avvalere delle sospensione di un prestito per un anno, bloccando il pagamento della quota capitale per dodici mesi. Ciò è tuttavia fattibile per tutti quei prestiti che hanno durata superiore ai due anni o per mutui accesi per pagare l’acquisto di una casa (su cui vige ipoteca). Sono altresì previsti specifici requisiti per accedere a questa specie di “jolly”: si devono infatti essere verificate alcune condizioni nei 24 mesi antecedenti alla richiesta. Ad esempio il debitore deve aver perso un posto di lavoro, oppure deve essere avvenuta morte improvvisa dell’intestatario del contratto o l’aver contratto un handicap grave che ha costretto alla riduzione o alla sospensione dal lavoro per almeno 30 giorni.

Di contro per la moratoria (è così che tecnicamente viene chiamata la sospensione delle rate di finanziamento) non è possibile averne accesso in caso di ritardi di pagamento maggiori di 90 giorni, in caso di beneficio pregresso delle misure di sospensione e nel caso il prestito sia coperto da assicurazione per rischio di insolvenza. Fanno parte del diniego anche i prestiti che sono stati erogati con cessione del quinto e infine i finanziamenti stipulati con carta di credito revolving. Si precisa ancora una cosa, ovvero che si può richiedere la moratoria solo una volta durante tutta la durata del contratto (durante quel lasso di tempo di sospensione non saranno applicati interessi di mora o commissioni). Se l’istituto di credito accetta la richiesta di moratoria, il prestito viene interrotto e le quote vengono contabilizzate al termine del prestito (il che ne allunga la durata).

Non resta che capire cosa bisogna fare per accedere alla moratoria. Per prima cosa si deve avere un approccio con la banca che ha elargito il prestito (molti istituti di credito decidono infatti di non aderire a questa iniziativa). Se la banca ne fa parte, allora il cliente-debitore deve compilare una domanda includendo tutti i dati necessari (è possibile servirsi dei moduli fac simile che si trovano facilmente sul web). In alternativa è possibile chiedere supporto a qualche associazione di consumatori per i privati o quelle di categoria per le imprese.

Una ultima postilla a riguardo è opportuno farla in merito ala sospensione delle rate del prestito che è stata istituita ai tempi del Coronavirus. Proprio perché il blocco di mesi ha portato una difficoltà economica generalizzata, in Italia è stata concessa la possibilità di sospendere o allungare i finanziamenti, in particolare alle micro, alle piccole, e alle medie imprese che hanno subito un grande smacco dalla pandemia.

Come la regola di base, anche in questo caso la sospensione del pagamento della quota capitale delle rate dei finanziamenti si richiede per circa un anno. La sospensione si applica ai finanziamenti a medio lungo termine (mutui), anche quelli che prevedono le cambiali agrarie, le operazioni di leasing, le operazioni immobiliari o mobiliari. Anzi in questo ultimo caso, la sospensione andrà ad interessare la quota capitale implicita dei canoni di leasing. Queste almeno sono state le linee guida fornite a suo tempo dall’Abi, l’Associazione bancaria italiana.

Prestito non pagato all’estero

Un accenno va fatto anche al caso in cui l’intestatario di un finanziamento si trasferisce all’estero. Ebbene il solo fatto che il debito sia stato contratto in Italia non toglie come giusto che sia la possibilità al creditore di porre in essere un pignoramento all’estero.

Ovviamente sussiste la differenza che si rende necessario effettuare le notifiche nelle forme previste dalle convenzioni internazionali. Dopo aver fatto ciò, si possono poi seguire le norme locali per le esecuzioni forzate. Il che richiede l’obbligo di fare capo a un avvocato del luogo, con incremento di spese.

Nel contesto degli stati membri, c’è anche la possibilità di porre in essere un decreto ingiuntivo con ordine di pagamento che abbia valore sul territorio dell’Unione Europea. In questo modo si risparmia sia tempo che denaro.

Detto quanto, l’istituto di credito che vuole provare a ricavare crediti elevati non troverà certo un ostacolo nel fatto che il debitore sia lontano. Inoltre nel caso in cui si tratta di bassi importi, è più facile che il creditore non vada a porre in essere alcuna azione in quanto in termini economici non conviene. E’ palese tuttavia che qualora il debitore ad esempio resti nel possesso dei propri beni in Italia (immobili o quote di immobili derivanti da eredità) il creditore ha comunque tutto il diritto di pignorare nonostante la sua assenza.

Quando si cancella un prestito non pagato?

In genere il prestito non pagato si prescrive entro 10 anni dalla scadenza del contratto o anche dalla risoluzione del contratto.

Bisogna tenere presente che la banca ha la facoltà di avvalersi della clausola negoziale che le permette di chiedere tutto il pagamento del debito non appena il debito va in mora.

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